Fondata intorno all’anno mille, l’Abbazia della Vangadizza è stata un importante monastero benedettino, attorno al quale è sorta la città di Badia Polesine, da cui, appunto, prende il nome. La storia dell'ex Abbazia della Vangadizza a Badia Polesine, affonda le sue radici nel periodo in cui i monaci benedettini (800) si stabilirono sull'ansa della sponda destra dell'Adige, ricca di boschi e canneti. La Vangadizza e le parrocchie ad essa soggette non appartenevano a nessuna diocesi; l'abbazia infatti godeva del privilegio di "nullius diocesis" e l'abate che la governava rispondeva direttamene al Papa. Nel X secolo in piena età feudale i vassalli di Ottone I di Germania, Almerigo da Mantova (feudatario di Rovigo) e la moglie Franca Lanfranchi, fecero edificare sulle rovine di un tempio pagano, una chiesa dedicata alla B.V. e un castello in località Wangadicia, che poi divenne Vangadizza, situati ai confini tra Padova, Verona e l'Esarcato di Ravenna. Nel giro di poco tempo sorse un monastero. Nel 954 la vedova Franca donò all'abbazia 50 poderi. Il marchese Ugo di Toscana, succeduto ad Almerigo nel governo del Polesine, concesse nel 998, al primo abate Martino un atto di investitura ecclesiastico feudale attraverso il quale acquistava il potere di giudicare sui territori, di riscuotere i pedaggi sull'Adige e nominare i sacerdoti di alcune ville. Alla loro morte Ugo di Toscana e la moglie Cunizza chiesero di essere sepolti nella basilica dell'abbazia e lo stesso fece Alberto Azzo II fondatore della dinastia degli Estensi. L'ubicazione in una zona di confine favorì la libertà del monastero che istituì una scuola monastica; nel corso dei secoli gli furono concessi diritti e privilegi che ne aumentarono il potere.
Già nella prima metà del 1200 ai Benedettini regolari succedettero i Camaldolesi che reggeranno le sorti del monastero fino alla sua soppressione avvenuta in modo definitivo con il decreto napoleonico del 1810. Nel 1231 aderì alla riforma camaldolese di San Romualdo (1012-1024) un riformatore in senso eremitico del monachesimo benedettino. Divenne una delle più potenti abbazie della pianura Padana con proprietà (continue erano le donazioni di terre) in cinque province. Nel 1295 l'abate Bernardo accettò la protezione di Padova che fortificò l'abitato. Quando morì l'ultimo abate regolare Antonio I del Ferro, l'abbazia passò in commenda, ossia la gestione del patrimonio fu trasferita ad un commendatario che non necessariamente risiedeva in loco e poteva anche essere laico. Il passaggio del Polesine dal Ducato di Ferrara a Venezia nel 1484 garantì ugualmente la pace ai monaci. Nel 1753 il centro monastico fu sottoposto alla giurisdizione del vescovo di Adria prima e di Padova nel 1789. Il monastero proseguì la sua attività sotto la guida di un priore, con funzione di abate. Il 6 novembre 1797 gli edifici e le pertinenze furono ceduti dalla Repubblica Francese, che aveva annesso il territorio nel dipartimento dell'Adige, al conte d'Espagnac come pagamento per i rifornimenti all'esercito; il nobile però attese fino al 1808 per veder riconosciuti i propri diritti. Il 25 aprile 1810 Napoleone soppresse l'abbazia, i monaci rimasti si rifugiarono a Murano e la statua lignea della Vergine della Vangadizza, le reliquie di S. Primo e di S. Feliciano, la tomba di S.Teobaldo furono trasferiti nella chiesa parrocchiale di S.Giovanni Battista. Negli anni sessanta gli eredi d'Espagnac, alienarono la proprietà. Attualmente l'ex complesso monastico è di proprietà del comune di Badia Polesine.
Fortunatamente l'importantissimo archivio composto da centinaia di faldoni, pergamene, documenti, mappe si è salvato ed è stato restaurato e riordinato grazie all'intervento della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Oggi del grande complesso monastico è possibile vedere il chiostro, che risale al 1200, a pianta trapezoidale, al quale si accede da un arco gotico in cotto del 1400. Il portico è coperto a vele, sostenute da pilastri in cotto. Nel 1400 il chiostro viene restaurato e la loggia superiore abbellita con colonnette in marmo di Verona. Al centro del chiostro è conservata un'elegante vera da pozzo in marmo bianco. Certamente il chiostro è l'elemento architettonico più interessante e suggestivo dell'Abbazia. Dal chiostro, attraverso un elegante portale in marmo rosso di Verona si accede al refettorio e attraversata la porta di fronte ci si trova nel giardino dell'Abate, così definito nella vecchia cartografia, dal quale si giunge nella piazza della Vangadizza, un ampio spazio davanti all'ex chiesa dell'Abbazia della Vangadizza. Della chiesa oggi rimangono i soli muri perimetrali poiché la chiesa è stata demolita nel 1836 durante il periodo di proprietà francese.
Rimane ancora integra la cappella laterale dell'ex chiesa dedicata alla Beata Vergine della Vangadizza costruita nel XV secolo. Di particolare interesse sono gli stucchi dei pennacchi della cupola e i dipinti a fresco del catino dell'abside eseguito dal pittore bresciano Filippo Zaniberti (1585 - 1636). Gli affreschi rappresentano i miracoli della Vergine.
Sull'antico piazzale della Vangadizza sono custoditi i sarcofaghi degli Estensi che contenevano le spoglie mortali di Azzo II e della moglie Canizza e di Azzo VI e la consorte Alisa che vollero essere sepolti alla Vangadizza. |